Benvenuti in un altro articolo firmato Modelli e Documenti! Dopo avervi presentato un approfondimento su come tracciare una raccomandata, eccoci oggi con un nuovo tema che speriamo susciterà il vostro interesse.

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Il certificato di residenza attesta – per gli iscritti all’anagrafe comunale - la residenza nel Comune di appartenenza. Il certificato ha una validità di 6 mesi che può essere prorogata alla scadenza per ulteriori sei mesi, sottoscrivendo una dichiarazione in calce al certificato in cui si ribadisce che i dati contenuti sul documento non hanno subito modifiche. Non tutti sanno, però, che il certificato di residenza è uno di quelli che rientrano nell’autocertificazione e può essere richiesto e compilato, addirittura, online.

La procedura per richiedere il certificato di residenza

Qualora si decida di richiedere un certificato di residenza personalmente presso l’ufficio anagrafe, bisogna recarsi allo sportello Servizi Anagrafici del comune di residenza o municipio territoriale (nel caso della grandi città) e farne richiesta. Non è necessaria la presenza dell’intestatario della residenza, il certificato può, infatti, essere richiesto da chiunque purché in possesso dei requisiti, vale a dire:

  • Conoscenza certa degli elementi per l’identificazione dell’intestatario (nome, cognome, data di nascita) o dell’indirizzo esatto;
  • Conoscenza certa dell’uso per cui si richiede il certificato ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo.

Il rilascio è soggetto, appunto, al pagamento dei diritti comunali con marche da bollo i cui importi variano a seconda dell’uso del certificato. Il modulo per la residenza dovrà essere compilato presso lo Sportello Servizi Anagrafici.

I cittadini residenti che sono registrati e abilitati presso l’amministrazione possono effettuare la procedura direttamente sul sito istituzionale dell’ente. 

La procedura 

Dal 1° gennaio 2012, ai sensi degli art. 15 e 36 della legge n.183 del 12 novembre 2011, le Amministrazioni pubbliche non rilasceranno più quelle certificazioni riguardanti stati, qualità personali e fatti (stati di famiglia, certificati di residenza, di disoccupazione, di cittadinanza, ecc). Queste certificazioni dovranno essere sostituite con dichiarazioni in autocertificazione redatte dinanzi all’ufficio richiedente, in carta libera, senza pagamenti di imposte o diritti.

Sul web proliferano siti di autocertificazione telematica che offrono come servizio la possibilità di compilare e stampare online gratuitamente il certificato di cui si ha bisogno, come i certificati di residenza. I certificati compilati e stampati online sono regolari tanto quanto i formati standard suggeriti e rilasciati dalle amministrazioni, l’importante è non commettere errori né inserire dati falsi.

Sostituisce, così, quei certificati che erano rilasciati esclusivamente dall’amministrazione pubblica, la quale ha, ora, l’obbligo di accettarle e a partire dal 01/01/2012, con l'entrata in vigore della legge 183/2011 (art. 15) tutte le pubbliche amministrazioni ed i privati gestori di pubblici servizi come ad es. i CAAF, le imprese fornitrici di gas, luce, acqua ecc. DEVONO accettare le autocertificazioni e NON POSSONO più accertare i certificati.

Chi può accettare l'autocertificazione per la residenza

Anche i privati (aziende, studi notarili, studi tecnici, studi commercialisti, assicurazioni, imprese e banche) possono accettare le autocertificazioni. Possono poi, con facilità, richiedere la conferma dei dati auto-dichiarati dal cittadino, al suo comune di residenza, senza alcun onere o spesa aggiuntiva.

Quali dati?

Si possono autocertificare con dichiarazioni sostitutive di certificazioni:

  • la data e il luogo di nascita
  • la residenza
  • la cittadinanza
  • il godimento dei diritti politici
  • lo stato civile (celibe/nubile, coniugato/a, vedovo/a, divorziato/a)
  • lo Stato di Famiglia
  • l'esistenza in vita
  • la nascita del figlio
  • il decesso del coniuge, dell'ascendente o del discendente
  • la posizione agli effetti degli obblighi militari
  • l'iscrizione in albi o elenchi tenuti dalla pubblica amministrazione
  • titolo di studio o qualifica professionale posseduta; esami sostenuti; titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualifica tecnica
  • situazione reddituale ed economica
  • stato di disoccupazione; qualità di pensionato e categoria di pensione; qualità di studente o di casalinga
  • iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo
  • di non aver riportato condanne penali
  • tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri di stato civile.

Il modello seguente è, ai sensi di legge, utilizzabile per attestare la residenza.

Come fare in caso di rifiuto?

Il pubblico ufficiale o il funzionario dell'ufficio pubblico che rifiuta un’autocertificazione o la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, può incorrere nelle sanzioni previste dall'art. 328 del Codice penale per omissioni o rifiuto di atti d'ufficio. L’autocertificazione deve però avere i presupposti di correttezza e veridicità.

La richiesta deve essere redatta in forma scritta. Se entro trenta giorni dalla data della richiesta, il pubblico ufficiale o l'incaricato non risponde per esporre le ragioni del ritardo/rifiuto, scattano i presupposti per le sanzioni. 

Cosa serve per chiedere la modifica della residenza

I documenti necessari sono:

  • documento di identità valido e non scaduto
  • patente di guida
  • libretto di circolazione dei veicoli di proprietà

L'anagrafe comunicherà alla motorizzazione la nuova, e la stessa Motorizzazione Civile provvederà a fornire i nuovi adesivi da applicare sul libretto di circolazione del proprietario dei veicoli interessati al cambio.

Denuncia al TARSU 

Contestualmente alla richiesta, è possibile effettuare denuncia al TARSU di nuova occupazione dei locali adibiti ad abitazione, e di cessazione di abitazione dei locali liberati.

Per effettuare la denuncia sono necessari:

  • il Codice Fiscale.
  • i dati catastali
  • la superficie calpestabile
  • la destinazione d’uso dell’immobile

Cambiare residenza può determinare la perdita di agevolazioni fiscali sulla prima casa?

La risposta è sì qualora non si sia effettuato il cambio di residenza entro 18 mesi dall’acquisto dell’immobile. Infatti, l’acquirente decade da ogni agevolazione sulla prima casa nei casi seguenti:

  • le dichiarazioni previste dalla legge nell’atto di acquisto sono false;
  • non trasferisce entro 18 mesi la residenza nel Comune in cui è situata l’abitazione destinata a prima casa (abitazione principale); il termine dei 18 mesi parte a decorrere dalla data dell’atto di compravendita;

In tutti questi casi, la decadenza dall’agevolazione comporta il recupero della differenza dell'imposta non versata (al netto di quanto già corrisposto) e degli interessi, oltre all’applicazione di una sanzione pari al 30% dell'imposta stessa.

L’eccezione alla norma: mancato trasferimento

Il mancato trasferimento della residenza entro il termine dei 18 mesi è giustificato solo da una causa di “forza maggiore”, vale a dire:

  • un evento oggettivo e non prevedibile, tale da non poter essere evitato;
  • non imputabile alla parte obbligata;
  • l’avvenimento che impedisce il cambio di residenza non deve rientrare nella sfera soggettiva dell’acquirente e non deve essere nota da questi al momento del rogito, altrimenti la dichiarazione resa è mendace sin dall’inizio.

La manovra fiscale e le nuove agevolazioni sulla prima casa

La manovra fiscale ha previsto tagli anche alle agevolazioni. La rendita catastale dovrà essere sommata al reddito imponibile ai fini IRPEF. In pratica, nel 2013 chi possiede una casa pagherà il 5% della rendita catastale dell'immobile; nel 2014, è fissato un ulteriore aumento per un importo pari al 20% della stessa rendita dell’unità abitativa e delle relative pertinenze.

La rendita catastale è una tariffa d’estimo per gli immobili, vale a dire che si tratta di una valutazione stabilita in base al numero dei vani, al luogo in cui si trova l’abitazione, ai suoi pregi costruttivi, ciò significa che l’imposta sarà diversa anche a livello regionale.

I proprietari di prime case, oltre all'Irpef, vedranno ridotte le detrazioni irpef per gli interessi passivi pagati sui mutui prima casa (19% su un tetto massimo di spesa di 4.000 euro annui) e verrà limitata pure la detrazione Irpef per le provvigioni pagate ai mediatori immobiliari per comprare l'abitazione principale (19% su un importo massimo di 1.000 euro annui).

In compenso, tuttavia, nel caso di acquisto della "prima casa" è previsto che:

  • l’imposta di registro, o in alternativa l'Iva, si paga con aliquota ridotta al 4%, anziché al 10 (in caso di acquisto da una ditta specializzata); al 3% anziché al 7% (in caso di acquisto da privato);
  • le imposte ipotecarie e catastali sono dovute nella misura fissa di 168 €.

Autore: Laura Perconti

Immagine di Laura Perconti

Laureata in lingue nella società dell’informazione presso l'Università di Roma Tor Vergata, Laura Perconti segue successivamente un Corso in Gestione di Impresa presso l'Università Mercatorum e un Master di I livello in economia e gestione della comunicazione e dei nuovi media presso l'Università di Roma Tor Vergata.